Le opere contenute in questo blog, scritte da Umberto Coro, sono tutelate da diritti d'autore

Piccole storie

1957 io ieri e mio padre


 "Treni a vapore"  Stazione di Ozieri
Lo so, sarebbe banale affermarlo che ieri  non è Oggi.
Allora ero uno dei tanti bambini, che con l' innocenza saltavamo i muri degli altri giardini, ma con la coscienza che oltre quei muri, quei  frutti maturi
erano d’altri padroni, ma chissà perché erano i più dolci, erano buoni!
La fortuna però spesso c’ingannava!
Sotto l’albero c’era il padrone che armato di rastrello e bastone ci aspettava.
Io, ed i miei fratelli minori, come a delle agili scimmie, saltavamo quegli alberi da un ramo all’altro lasciando cadere tutti quei frutti maturi sulla testa del padrone.
Veloci come a delle rondini volavamo verso casa, ma? … mio padre già sapeva!
E come una sentinella sul portone ci aspettava, col suo capello in giù,
e con gli occhi puntati su di noi come un leone,
era già pronta la nostra punizione!
Ed io che ero il più grande, la punizione era la più pesante.
Ero il settimo degli 11 figli.  “Settimo non rubare”  lui diceva,
e dentro la stanza per ore ed ore, mi rinchiudeva,
con solo le mutandine, o anche senza.
Io mi vergognavo, e mi nascondevo sotto il letto
rimanevo tanto li sotto, a riflettere, e farmene una ragione, e una ragione c’era,
lui era severo ma non cattivo.
Voleva solo insegnarmi quello che allora non capivo!.  
Intanto un altro sole nasceva ed era un nuovo giorno da sognare ad occhi aperti,
Mentre poco distante da casa alla stazione, dove partivano ancora i treni a vapore; mio padre sporco di carbone aspettava un caldo caffè,
e con un sorriso, infilandosi la mano in tasca, toglieva fuori una caramella
come a perdonare la mia, ennesima…marachella!
Intanto il sole aveva raggiunto il suo mezzogiorno e noi 11 figli con nostra Madre seduti sul gran tavolo; aspettavamo impazienti il suo ritorno, 
per assaporare insieme quel buon piatto di pasta, che sapeva delle mani buone di mia madre, ed il sudore di mio padre.
Ma non era ancora il momento per noi ancora bambini di capire che…
In quelle tenere mani di una Madre, c’era un duro lavoro.
Quelle ruvide mani di un Padre  che scuotevano dalla fronte gocce di sudore colorate di nero e che solcavano il suo viso; era carbone!Mentre io ancora dietro ai miei fratelli minori, sulla cima della grande Quercia, ci facevamo cullare, fingendo e credendo di volare nell’azzurro colore di quel cielo… Poveri, ma ricchi di libertà, e mentre il ramo della quercia risaliva all’insù…  vedevo già lontano il tramonto del sole con le sue realtà.
Umberto Coro.
Cuorgnè, giugno ’06.
Piccole storie  "Il cane ed il pastorello"
 Non so neanche io come iniziare questa mia prima piccola storia vissuta in famiglia  fatta di semplice vita quotidiana, attraversando quei muri degli ostacoli che a volte rendono la nostra strada della vita un po' tormentata, però ci sono anche i momenti di gioia  e di esperienze che si ricordano e si raccontano come una fiaba.
Scusami non mi sono ancora presentato,  mi chiamo Roberto per gli  amici anche se il mio vero nome  d’anagrafe e per volontà della mia nonna paterna è Umberto Coro.
Questa mia esperienza che sto per raccontarti non è certo la favola di Gulliver, nemmeno il diario di Anna Franc.
Ti ho detto il mio vero nome che è Umberto appunto ma non ti ho detto che ho 48 anni e che sono nato nel 1957  ad Ozieri,  un Paese al centro Nord della  Sardegna dove ho vissuto tutta la mia infanzia e parte della mia gioventù.  Ho avuto la fortuna di avere quattro figli e di essere purtroppo uno dei tanti separati, ma qui siamo troppo nel presente….
 Avevo poco più di 5 anni quando credevo che la terra fosse solo quella che avevo davanti ai miei occhi  e che gli  aeroplani  finissero nel nulla dopo l’orizzonte.
Mio padre faceva il ferroviere. Io ero il settimo figlio ma ben presto  arrivò anche l’ottavo: Giuseppe.   All’epoca in casa, non avevamo ancora il televisore.
Allora una vicina di casa nonché una comare dei miei genitori, propose  a mio padre di comprare un televisore  “così non vi annoiate!”  disse convinta la comare sapientona ed aggiunse “  così non aggiungete altre carrozze al treno familiare!” Mio padre forse convinto della proposta della comare  comprò il televisore… ma anche altri tre fratelli con un totale di 11 figli.
 Abitavamo in periferia  di Ozieri, proprio vicino alla stazione dove lavorava mio padre e  a fianco alla nostra casa vi era un’altra casa non completamente finita, come lo era d’altronde anche la nostra. Io e mia sorella in particolare, passavamo delle intere giornate a giocare con la nostra amica Lucia.  Lei faceva parte della famiglia, come noi della sua, come si fa nei paesi soprattutto in periferia.  Col passare del tempo spuntava un’altra casa nuova e
quindi  altra gente nuova.  Una mattina del 1962  vidi  parcheggiato davanti a casa mia, un grosso camion.   Notai  che  mia madre con la madre di Lucia si
abbracciavano, piangevano ed anche mie sorelle… “ Ma che succede?” dissi io, e loro senza tante parole mi risposero: “  Lucia e la sua famiglia vanno via!”…
 “ Dove?”  risposi io  “ In Piemonte  a Torino per sempre” conclusero loro.
Io rimasi scioccato ed allo stesso tempo mi chiedevo per quale motivo?
Ma sono dovuto diventare più grande per capire queste cose.
Il tempo sembrava che avesse tanta fretta di correre  ed arrivò il fatidico mio primo
giorno di scuola! Mamma mia che tormento, una maestra in procinto di andare in pensione  da un giorno all’altro e con le sue idee Savoiarde, per mia fortuna io mi chiamavo Umberto… grazie a  mia Nonna.  Quel primo mio anno di scuola però si interrupe subito. Dopo due mesi di frequenza scolastica,  fui ricoverato in ospedale  per tre mesi circa per una malattia chiamata:  Nefrite. Così in quell’anno del 1963 , persi un anno di scuola.
Io ero contento non solo per la scuola ma  anche perché non mi sono mai sentito coccolato così, va bene che avevo sei anni però lo ricordo ancora oggi.
Arrivò anche l’anno dopo e  mio malgrado dovetti ripartire con la 1° elementare a sette anni. se non altro avevo capito che la terra era rotonda e che gli aeroplani dopo l’orizzonte proseguono fino a loro destinazione.
La scuola come avrai già capito non mi piaceva proprio, tanto che più andava avanti più, diventava noiosa e pesante, soprattutto la nuova maestra!
Sono riuscito a stento ad  arrivare alla 5°  elementare a furia di calci nel sedere.
Mio padre e mia madre mi punivano spesso ma senza ottenere dei buoni risultati.
 Ricordo che mi dicevano sempre: “ Se non ti piace andare a scuola dovrai andare a lavorare come vanno i tuoi fratelli maggiori e così capirai cosa vuol dire
non andare a scuola… guarda tuo fratello Giulio come ha le mani callose e arrossate quando arriva dal lavoro” concluse mio padre.
Qualche anno dopo è questo lo ricordo bene!   mio fratello Francesco faceva il militare insieme ad un suo amico compaesano, questo faceva il pastore ed era figlio unico  e si lamentava spesso con mio fratello dicendo che aveva seri problemi per il suo gregge e non c’era nessuno che lo potesse sostituire almeno per un paio di mesi.
Quello stesso periodo io venni sospeso per più di un mese dalla scuola per le continue marachelle, marinando  questa per due giorni consecutivi  all’insaputa dei miei genitori.   Chissà perché?...  ma mio padre trovò una soluzione per l’amico militare di mio fratello Francesco e disse: “ Stai tranquillo per un mese te lo già trovato io un pastorello disponibile a guidarti il gregge! Così assaporerà anche lui   il sacrificio del lavoro… sto parlando con te Umberto…mi hai sentito?
Da  domani andrai a pascolare le pecore, ti alzerai presto presto… alle cinque e ti avvierai in campagna dove troverai una marea di pecore ad aspettarti…l’amico di Francesco  ti dirà cosa tutto  devi fare! Hai capito?... o devo ripetermi?” Io con la testa china gli risposi “ Si, si!”.  ma credimi non mi sembrava vero! Ti giuro che  non vedevo l’ora che arrivassero le cinque del mattino.
Cosi alle cinque del mattino m’incamminai verso quella che sarebbe stata la mia prima esperienza lavorativa e una volta arrivato sul posto mi venne incontro la madre dell’amico di mio fratello.  Ma nel cancello d’ingresso c’era anche un cane  ad aspettarmi, mostrandomi da prima i suoi denti, dopo un po’ mi mosse la sua coda di volpe ed  iniziò a leccarmi e a farmi le feste.
 OK! Primo impatto superato il cane aveva già fatto confidenza con me, era
un bel volpino e si chiamava  Briciola.
Zia Chiara, così si chiamava la madre dell’amico di mio fratello. Era una donna dolce e gentile, ma quello che mi metteva sullo zaino non sempre soddisfava il mio stomaco e soprattutto quello del cane!  “  Questo è il gregge”  mi disse e continuò “Sono cento pecore…mi raccomando  stasera prima di rientrare contale e così dovrai fare tutti i giorni, regolati tu con il tempo, fai in modo che non ti faccia buio strada facendo” e con sorriso ironico aggiunse ancora :
“ Questo è l’asino!... stai attento perché ha un difetto,  quando va al pascolo e lento, dispettoso e tira  dei calci, non si fa cavalcare.   Al  rientro invece, è gentilissimo  si fa cavalcare ed è veloce, pensa che sorpassa  anche le pecore! il perché non lo sappiamo neanche noi, è, e un  Asino!” Continuava ridendo zia Chiara e ancora: “ Ma  ti assicuro che Briciola  sarà la tua guida sicura, in lui troverai  un amico che ti farà tanta compagnia e ti aiuterà a guidare il Gregge, ma stai attento non fidargli lo zaino soprattutto quando questo è pieno di roba da  mangiare! Ora vai bambino mio e ritorna a casa in buona ora”. Dopo tutte quelle raccomandazioni, via in partenza. 
Con un lungo bastone, mi sembravo Mosè in partenza per la terra promessa!  Così il primo giorno,  il secondo, il terzo e via scorrendo.  Tanto che una sera in casa mia sentii mio padre che diceva a  mia madre: “ Altro che punizione!   a tuo figlio gli piace davvero fare il pastore!       Non durò tanto questa meravigliosa  esperienza, una ventina di giorni o poco più, ricordo che correva il mese di dicembre ed in aperta campagna tra le pecore e la nascita degli agnellini sembrava si sentisse di più l’aria del Natale. Nelle alture sia la tramontana che il  vento di maestrale  soffiavano più forti, ma io         trovavo sempre un punto d’appoggio per sdraiarmi  tra i muri a secco ed il prato, ovviamente pecore permettendo.   Quando mi sdraiavo: Briciola mi stava sempre sul collo come una sciarpa ed ogni tanto mi dava una leccata,  mentre l’Asino  se ne stava  sempre per i cavoli suoi.   Era proprio vero quello che diceva zia Chiara,  tanto che il giorno dopo le dissi:  “ Tenetevelo voi qua quest’asino perché a me crea soltanto dei problemi zia Chiara, a volte devo badare più a lui che alle pecore”.
Zia Chiara scoppiò a ridere dicendomi: “  Te lo detto io!   che è un Asino! Va bene Umberto vorrà dire che questo testardo di un asino  da domani rimarrà qui”.
Ricordo quelle sere, quando rientravo a casa mia, zia Chiara mi caricava lo stesso zaino che portavo al pascolo con una forma di formaggio fresco, del pane condito con della carne di maiale “ tipico del periodo” ed un contenitore d’alluminio colmo di  due litri di latte. Questo non era poco per una famiglia numerosa come la mia, anche se i miei genitori preferivano che io andassi a scuola.
Mia madre quando mi sentiva arrivare, mentre scendevo le scale mi cantava una canzoncina che diceva “ E’ arrivato il pastorello con lo zaino a tracolla col pastrano e con l’ombrello, carico carico come un asinello”. Questa sua canzoncina mi faceva tanto sorridere e una volta arrivato all’ultimo gradino lei non mancava mai di lanciarmi quel suo bel sorriso così dolce ed indimenticabile.
Molto spesso la sera a cena, io divoravo un tazzone colmo di caffelatte e mio padre mi osservava ridendo sotto i baffi e ricordandomi che sarei dovuto rientrare a scuola.   il giorno seguente io ed il mio fedele amico Briciola, così io lo chiamavo, andammo su, verso un altro pascolo… e senza l’asino!.
Mi divertii un sacco quel giorno la tramontana portava di tanto in tanto dei fiocchi di neve. Io cantavo saltellando come una lepre le canzoni di Natale.
Una  bella mattina  di dicembre sembrava tutto tranquillo.  io ed il mio  fedele amico Briciola ci  sdraiammo per un’ora circa sul prato.  lui forse sognava per i cavoli suoi io sognavo… quelli miei, consapevole che quel sogno sarebbe ben presto finito.      Sai amico mio i sogni di un bambino sono cento o forse mille ed io sognavo le cose che avrei potuto avere  e fare da grande…di essere  un personaggio importante come quelli della televisione!... Il tempo correva veloce così, tra mille sogni e fantasie, ma la realtà era una “ quello di accontentarsi del poco o anche del niente”  e sempre col sorriso pieno come il sole.
Quella mattina mi addormentai talmente bene che fu il  mio fedele amico  a svegliarmi per l’ora di pranzo. Briciola abbaiava come un lupo quando aveva fame.
Quindi aprii lo zaino e dentro come al solito c’era  del pane,  formaggio, salame e qualche dolce sempre fatto in casa,  Briciola era contenta in quei momenti
sembrava una vera ballerina!   Ad un tratto vedo le pecore agitate e saltare il  recinto  ed addentrarsi in un altro terreno di un altro padrone.
Mi alzai di corsa  per riportale al loro posto… ma stranamente Briciola non è venuta con me,  a darmi una mano.   Vuoi vedere che quella si ha mangiato tutto  e a me mi ha lasciato in bianco?   Mentre risalivo la fame aumentava ed anche la rabbia, no non mi ero sbagliato,  quel farabutto di un cane per amico era li che si finiva  comodamente l’ultimo pezzo di  salame rimasto e continuava ancora ad annusare con il muso dentro lo zaino.      Non so come ho fatto? ma gli ho dato un calcio forse ben dato, tanto che è scappò  via urlando e zoppicando.
Non lo vidi più per tutto il resto della sera,  ed io ero già pentito di avergli dato quel calcio ma allo stesso tempo avevo anche tanta fame. Così camminando a testa in giù vedevo dei funghi… l’idea
fu istantanea, gli raccolsi e dopo una pulita con l’acqua della sorgente  ho fatto il fuoco,  facendo scaldare ben bene  una pietra  piana. Vi posai i funghi sopra, con un po’ di sale ed olio che in uno scomparto dello zaino questi non mancavano  mai e quindi… buon appetito Umberto!
Devo dire però che dopo mi son sentito molto pesante sia per i funghi, sia per il mio  fedele amico il cane… si mi mancava, mi mancava tanto.
Il sole cominciava a calare ed allora cominciai a radunare il gregge e mentre queste
uscivano dal recinto le contavo, ma non mi tornavano i conti forse ho contato male o puramente ero provato dalla giornata.  Quindi riportai le pecore all’interno del recinto, ad un certo punto i miei occhi sono diventati un oceano. Si era lui proprio lui  il mio fedele amico, il cane. Camminava con la testa china e la coda ritirata sotto la sua pancia avanzava piano, piano basso, basso come a chiedermi perdono credimi gli mancava solo la busta del mangiare e la parola per farmelo capire.   Ti giuro che ho pianto  tanto nel vederlo così,  gli andai subito incontro ad abbracciarlo e a dirgli    “ Perdonami tu, per quel che ti ho fatto!” Lui mi e saltato addosso e mi ha leccato la faccia
OK! Pace fatta, andiamo a casa Briciola oggi è stata una  giornataccia!
Ero proprio felice di riaverlo accanto  e lui insieme a me.
Ed anche le pecore erano cento,  e allora via verso il ritorno a casa  di zia Chiara ignaro che quello seguente sarebbe stato il mio ultimo giorno.Quando arrivammo a casa,  zia Chiara la prima cosa che mi disse fu:“ Umberto come mai Briciola  oggi è tornato a casa senza di te”.
Io gli spiegai tutto l’accaduto e lei ridendo, soprattutto per la mia trovata con i funghi mi accarezzò dicendomi:  “Sei una cosa incredibile…e bravo Umberto!”. Tutto questo non poteva darmi solo che  orgoglio e soddisfazione.Poi mi portò dentro casa sua, mi fece sedere e mangiare tanta di quella carne e tanti di quei dolci fatti in casa quasi a non riuscire più ad alzarmi dal tavolo.
Ma una volta finito di mangiare mi mise la mano sulla testa e con la sua voce diversa dal solito mi disse: “ Umberto… verrai ancora domani e poi basta.
Tuo padre  oggi e venuto qui da me e vuole che tu torni a scuola almeno per finire la quinta elementare, capisci cosa voglio dire?... sei un bravo ragazzo ed ho
capito che questo lavoro ti piace tanto, so che ne soffrirai soprattutto per Briciola,  ma devi studiare  Umberto!  Devi  obbedire ai tuoi genitori”.
Mentre mi parlava il mio viso era bagnato dalle lacrime.
Anche lei però piangeva, ma mi voltò le spalle per non farsi vedere e con un fazzoletto se le asciugò seguendo a dirmi:  “ Vai a casa ora altrimenti si fa troppo tardi e ricordati Umberto che questa casa e sempre aperta per te,  vieni quando vuoi per me sei come un figlio ma ora vai, vai!”.    Come sempre il mio fedele amico il cane mi accompagnò fino al cancello, io lo guardai e accarezzavo come sempre il suo musetto, lui alzava la  gamba e poi mi leccava la mano.
“Domani passeremo l’ultima giornata insieme”  così gli dissi io ma?.
Quando arrivai a casa mio padre si accorse che avevo gli occhi arrossati dalle lacrime e non mi disse niente, mia madre non mi cantò quella canzoncina.
 Mio padre lasciò tutto il discorso a mia madre. “ Umberto domani devi tornare a scuola perché  è questo il tuo  vero dovere da compiere devi almeno finire la quinta elementare altrimenti vengono a prenderti con le forze ti piaccia o no!”
“ Ma io…” le risposi e continuai  “devo andare ancora domani per l’ultimo giorno ti prego mamma! Non farmi questo” .   Non c’è stato niente da fare.
Poi mia madre  disse ancora.  “Andrai di nuovo durante le imminenti vacanze di Natale e poi qualche domenica”.  Ma non fu così, forse ai miei non piaceva che io facessi quel tipo di lavoro il perché non l’ho mai capito. Ad ogni modo non mi rassegnai così facilmente il mio pensiero era sempre li col mio fedele amico il cane e  con tutto il resto.
Questa esperienza non lo mai dimenticata tanto che ne ho fatto anche una poesia dal titolo  “Il cane ed il Pastorello”  sarà anche sbagliato dire Pastorello ma a me piace così poiché lo ricordo meglio.  Lo ricordo ancora oggi  come se  questa esperienza fosse finita appena ieri.
Nei momenti più difficili  e più soli e complicati,  io ritorno sempre la, in quella
campagna dal mio amico fedele il cane perché queste cose semplici quasi non si vivono più è non si ricordano,  ma fanno bene più della vita complicata che molto spesso viviamo oggi, per quanto mi riguarda. Per questo la ricordo molto volentieri  e nel 1980  ho dedicato una poesia a questa mia indimenticabile e vera storiella che  non è mai finita in un dimenticatoio, ma è rimasta negli archivi del mio cuore. Si chiude qui  una delle mie piccole e tante storie di vita, come può essere anche la tua…e permettimi di lasciarti con una  delle mie poesie a me più  care "IL cane e il pastorello"
(Vai su le mie poesie)    Ciao Umberto.